Radici e Territorio

Viticoltori
da 18 generazioni

Di tradizione agricola fin dal XIII° secolo, la famiglia Ricci Curbastro conduce l’Azienda Agricola Rontana di Brisighella (RA) e l’omonima azienda agricola di Capriolo in Franciacorta (BS).

Dei 34 ettari di superficie aziendale 32 sono investiti a vigneti secondo i rigorosi indirizzi della moderna viticoltura e del Consorzio Vini Franciacorta cui l’azienda aderisce fin dalla fondazione.

Nel secolare parco è la cantina ipogea in cui vengono effettuate le fermentazioni e la lenta maturazione dei Franciacorta DOCG.

La vinificazione è seguita dagli enologi, Annalisa Massetti, Andrea Rudelli, Filippo e Riccardo Ricci Curbastro; un mix di esperienze per vini destinati ai palati sempre più esigenti dei consumatori di tutto il mondo.

All’interno dei rustici dell’Azienda Agricola Ricci Curbastro ha sede il Museo Agricolo e del Vino, una realtà unica in Franciacorta che conserva migliaia di oggetti testimoni del lavoro agricolo d’altri tempi.

LA CANTINA È SEMPRE APERTA AL PUBBLICO con la possibilità di acquistare direttamente.

La Franciacorta

La Franciacorta si trova in Lombardia, in provincia di Brescia. Delimitata ad est dalle ultime propaggini rocciose e moreniche delle Alpi, a ovest dal fiume Oglio, a nord dalle sponde del lago d’Iseo e a sud dall’alta Pianura Padana.

 

Gli studiosi ritengono che il nome Franciacorta derivi dal latino  “francae curtes”, le comunità dei monaci benedettini cluniacensi esentate, durante il Medioevo, dal pagamento delle tasse in cambio della bonifica e messa a coltura della terra a loro affidata. L’unica certezza è che il toponimo comparve per la prima volta negli Annali del Comune di Brescia (Statuta Communis Civitatis Brixiae)  dell’anno 1277, per identificare l’area compresa tra i fiumi Oglio e Mella a sud del lago d’Iseo.
In confini della Franciacorta furono fissati con un atto di Francesco Foscari, Doge di Venezia, nel 1429, quando la zona era sotto il controllo della Repubblica di Venezia.

Innovazione

Una storia secolare alle spalle ed una grande vocazione all’innovazione costituiscono il DNA della Azienda Agricola Ricci Curbastro unite alla grande attenzione all’ambiente

Una novità antica in casa Ricci Curbastro.

Da moltissimi anni l’Azienda Agricola Ricci Curbastro presenta ai propri appassionati consumatori bottiglie di Franciacorta che giungono alla sboccatura dopo un numero di anni di maturazione in cantina sui lieviti superiore (dai dieci ai dodici anni) a quanto è normale per la cantina stessa.

Per dare maggiore visibilità a queste selezioni è stato coniato il marchio Museum Release, o MR, un nome, una sigla, un simbolo che identifichi al meglio queste speciali partite di Franciacorta.

Il marchio, MR Museum Release coniuga nella sigla due caratteristiche abbastanza uniche della nostra azienda:
– il Museo Agricolo e del Vino Ricci Curbastro perché è una delle nostre peculiarità. Un museo in cantina, la storia di ieri e di oggi a stretto contatto in un unicum straordinario.
– La capacità dei Franciacorta Ricci Curbastro di attraversare il tempo mantenendo intatte quelle caratteristiche di mineralità e freschezza che tanto li fanno apprezzare sul mercato.

Una storia secolare alle spalle ed una grande vocazione all’innovazione costituiscono il DNA della Azienda Agricola Ricci Curbastro unite alla grande attenzione all’ambiente che ci ha visto protagonisti di numerose iniziative negli ultimi trent’anni.

L’ultima creazione in ordine di tempo è un progetto che raggruppa in sè i tre grandi temi: storia e cultura, ambiente e innovazione.

Nel 2012 abbiamo piantato un vigneto alle porte di Capriolo realizzato con varietà PIWI, un acronimo che indica varietà di uva da vino create da ibridazione intraspecifica resistenti alle malattie fungine, in tedesco Pilzwiderstandfähig ovvero resistente ai funghi.
Tali varietà erano destinate ad una sperimentazione tecnica presso la nostra cantina ma il vigneto, assolutamente privo di trattamenti chimici, era visto come un’ideale “palestra” per scoprire la vite e i suoi frutti.

IL VIGNETO

Il vigneto è stato impiantato circondato da siepi e alberi tipici delle formazioni forestali delle colline della Franciacorta: una ventina di varietà di piante tutte da scoprire studiando, foglie, fiori e frutti.
Il vigneto, le siepi, il filare di gelsi e vimini costituiscono una micro unità di un paesaggio tradizionale, quello della Franciacorta, ormai in gran parte scomparso a causa della meccanizzazione agricola, della scomparsa della coltura della seta, dell’urbanizzazione e via dicendo.

Nel suo insieme è un percorso natura ad uso didattico per le scuole, facilmente raggiungibile anche a piedi, e destinato a ricerche storiche (la seta e l’industria tessile capriolese, la viticoltura e l’enologia in Franciacorta), ambientali (agricoltura a basso impatto ambientale, ricerca di nuove varietà), naturalistiche (nidificazione degli uccelli insettivori, scoperta di specie arboree e arbustive tipiche e loro proprietà).

Scopri il vigneto è un laboratorio all’aperto per le scuole per scoprire, passeggiando, un vigneto in tutte le sue espressioni.
Questa parte STORICO CULTURALE del progetto ha un proprio sito dedicato www.scopriilvigneto.it

IL VINO: Sebino IGT Zero Trattamenti Zero Residui

Dalla sua nascita il vigneto non ha mai visto un trattamento chimico e le uve raccolte nel 2014 e 2015 sono state destinate a ricerche di vinificazione interne all’azienda per poi arrivare nel 2016 a produrre un nuovo vino Sebino Bianco IGT con Zero Trattamenti e Zero Residui sulle uve: l’INNOVAZIONE, e prodotto in un vigneto certificato per il requisito “nessun trattamento fitosanitario in fase di coltivazione e residui sul prodotto uva e vino non rilevabili a livello analitico”: l’AMBIENTE.

Gli unici trattamenti ammessi sono quelli obbligatori previsti dalla legge quale la lotta obbligatoria allo Scaphoideus titanus, cicalina vettore della flavescenza dorata, effettuato con Piretro Naturale.
Per non rilevabile analiticamente si intende: 0.01 PPM e comunque la non rilevabilità di fitofarmaci sul prodotto finito vino dovrà essere garantito dal laboratorio con un limite di determinazione minimo coerente con il limite di rilevabilità definito dalla normativa di riferimento (REG. 396/2005).

Per arrivare a questo risultato è stato redatto un Disciplinare Tecnico per la Certificazione Volontaria Zero Trattamenti Fitosanitari e Zero Residui, all.1, che a seguito di analisi sulle uve eseguite da laboratori diversi su oltre 200 principi attivi, all.2 e all.3, ha permesso di ottenere da CSQA Certificazioni Srl il certificato di conformità, all.4.

Infine l’etichetta del nuovo vino con i due Ricci (Erinaceus europaeus) ripresi dallo stemma dei Ricci Curbastro ma anche simbolo di ambiente incontaminato, il riccio infatti è un animale onnivoro e la sua dieta include insetti, lumache, rane e vari vegetali. Ama la frutta, i vermi e tutti gli animaletti che popolano il sottobosco, la sua progressiva diminuzione è da attribuirsi oltre che agli incidenti stradali ad un ambiente non più incontaminato.

Una ricerca decennale firmata Ricci Curbastro.
I lieviti al servizio della piacevolezza e serbevolezza dei nostri Franciacorta.

In questi anni di grande selezione del mercato vitivinicolo mondiale ogni azienda cerca di sviluppare modelli particolari di produzione alla ricerca della qualità e di una propria profonda identità sul mercato per poter risultare sempre più competitiva.
A questa regola non fa eccezione la nostra azienda che nel tempo si è sempre più caratterizzata per la produzione di Franciacorta DOCG con “ingrediente” principale il tempo. Non a caso otto dei dodici Franciacorta attualmente disponibili nel nostro listino sono “millesimati” e tutti e dodici maturano in cantina più a lungo di quanto richiesto dalle regole della Denominazione.

Il lungo invecchiamento in cantina favorisce lo sviluppo degli aromi più interessanti ed il tempo è quindi un ingrediente fondamentale per esprimere appieno tutta la loro personalità. Di questo lavoro ci viene ormai dato pieno riconoscimento da molti critici del vino:

  • “Di superiore ricchezza i Franciacorta di Ricci Curbastro, più ricchi della media della Denominazione”
  • “Davvero personali i profili aromatici e lo “sprint” gustativo del Rosé e del Satèn, due Franciacorta di tale temperamento”

Alla ricerca di un carattere o stile Ricci Curbastro, da anni, si è avviata la pratica di conservare partite di vino base Franciacorta (in particolar modo da uve Chardonnay e Pinot Nero) in botti di acciaio in ambiente ridotto, ovvero in assenza di ossigeno e in presenza di fecce fini, per ottenere vini dal profilo aromatico più legato, armonioso e omogeneo. Tali vini sono poi destinati in percentuali dal 10-15% alla costituzione di cuvée per il tiraggio dei Franciacorta millesimati.

L’AZIONE DEL Saccharomyces cerevisiae SULLA CONSERVABILITA’ DI UN VINO

La cellula di lievito è circondata da una parete spessa che ne assicura la forma e l’integrità. Tale parete costituisce la prima interfaccia fra il lievito e il suo ambiente. È costituita da tre tipi di polimeri: i ß-glucani, i mannani – legati alle proteine ed il loro insieme forma le mannoproteine – e la chitina. Ognuno di questi polisaccaridi presenta delle proprietà biotecnologiche interessanti. La parete del lievito riveste un interesse tecnologico considerevole a causa del suo ruolo nella stabilità igienica e organolettica dei vini.

Attualmente i consumatori manifestano scarso interesse verso vini insufficientemente fruttati e rotondi. In tali casi, l’affinamento sulle fecce sembra una tecnica appropriata per attenuare questa mancanza. Le fecce grossolane si possono definire come il deposito costituito 24 ore dopo una movimentazione del vino; le fecce fini sono pertanto tutti gli elementi che rimangono in sospensione durante queste 24 ore. Una buona gestione delle fecce consiste nell’eliminare quelle grossolane, che rischiano di deprezzare il vino, immediatamente dopo la loro formazione, ed in modo tanto più rapido quanto più lunga sarà la durata dell’affinamento. Le fecce fini sono costituite principalmente da lieviti, dove l’autolisi, ovvero l’autodegradazione enzimatica naturale, libera numerosi composti interessanti. La composizione delle fecce fresche è variabile, ma i composti liberati nel vino sono sempre dei nucleotidi, degli acidi grassi, degli amminoacidi, dei peptidi, dei polisaccaridi, delle glicoproteine (mannoproteine), che apportano delle conseguenze positive sul profilo sensoriale e sulla stabilità del vino nei confronti delle precipitazioni tartariche, proteiche e del colore.

Anche la stabilità aromatica dipende dalle quantità di mannoproteine liberate nel corso dell’autolisi così come dalla loro natura. D’altra parte, le mannoproteine sono liberate nel vino da un’attività enzimatica ß-1,3 glucanasi, che è un fenomeno lento, anche se certe tecniche come il batonnage possono incrementare la quantità di mannoproteine rilasciate nel vino.
Alla luce di quanto sopra risulta evidente quanto l’apporto dei lieviti sia interessante per l’evoluzione di lungo periodo di un Franciacorta ma questa “scoperta” ormai acquisita dalla ricerca internazionale si basa sull’aggiunta di composti esogeni al vino stesso (mannoproteine, LSI, ß-Glucanasi ecc.).

LA SPERIMENTAZIONE RICCI CURBASTRO

La sperimentazione fin qui condotta nella nostra cantina ha invece sempre puntato sull’estrazione naturale di tali composti dalle fecce fini prodotte dal vino stesso.
Provando ad invecchiare le basi Franciacorta in barili di rovere (barrique) per periodi prolungati di oltre un anno abbiamo constatato fenomeni ossidativi a carico del quadro aromatico e cromatico. L’aggiunta di SO2 in funzione protettiva da tali fenomeni, inibisce parzialmente gli sviluppi aromatici che sarebbero garantiti dalla lisi dei lieviti.
Nell’invecchiamento in piccole botti (5 Hl) di acciaio inox il limite è sempre rappresentato dalla necessità di anidride solforosa per la protezione antiossidativa del vino e, dalla limitata superficie del fondo che non garantisce un ottimale contatto tra vino e fecce fini; conseguentemente questo comporta un minore scambio di composti anche in rapporto alla barrique.

UNA SOLUZIONE OPERATIVA

La soluzione ideale al problema di ridurre la anidride solforosa a limiti molto bassi – peraltro necessari anche per la successiva presa di spuma in bottiglia -, garantire allo stesso tempo ampie superfici di contatto tra lieviti e vino base Franciacorta, godere dell’apporto protettivo di una atmosfera inerte, è stata trovata in una conservazione in magnum da 1,5 litri tappati con tappo a corona inox che ne garantisce la perfetta tenuta per più anni.
Questo ulteriore sviluppo della nostra ricerca necessitava di un’apposita autorizzazione per la conservazione dei vini base non più in botti ma in bottiglie magnum destinate poi ad essere riaperte dopo qualche anno. Il MIPAAF Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha autorizzato l’Azienda Agricola Ricci Curbastro a sperimentare per cinque anni questo sistema di conservazione ed estrazione dei composti dei lieviti.
La sperimentazione in bottiglia è partita nella primavera 2010.

Dal mese di Maggio 2024 con la pubblicazione ufficiale del nuovo disciplinare del Franciacorta, la nostra sperimentazione è ufficialmente riconosciuta all’art. 5: “i vini atti a diventare Franciacorta potranno anche essere conservati in cantina in bottiglie (fino a 9 litri) sulle loro fecce fini per poi essere sbottigliati e destinati all’assemblaggio ed alla successiva presa di spuma.”

L’attività di ricerca

La Ricci Curbastro svolge da decenni attività di raccolta dati e verifica sulla propria filiera destinate a seguire i propri processi qualitativi e garantire le proprie bottiglie.

Si tratta di una “cultura” aziendale ancora poco diffusa nel mondo agricolo ma che noi abbiamo sposato con la certezza che essa rappresenti un valore aggiunto per i processi aziendali ed anche per il mercato.

Ad esempio:

  • Ricci Curbastro produce ogni anno circa 8.000 bottiglie di Curtefranca Rosso DOC Vigna Santella del Gröm che vengono “contate” e certificate per la loro rispondenza al Disciplinare Curtefranca DOC da Valoritalia, società incaricata dei controlli. Questa certificazione impone come è ovvio raccolta dati e chiarezza dei processi ed è applicata a tutti i vini a Denominazione d’Origine dell’azienda, praticamente il 100% della produzione.
  • Ricci Curbastro è un’azienda con una grande sensibilità ambientale oggi rappresentata dalla certificazione di Sostenibilità Equalitas rilasciata con certificato da CSQA. Anche in questo caso il processo che ha portato alla redazione del nostro primo Bilanco di Sostenibilità (anno 2017) è frutto del lavoro di raccolta dati ambientali, sociali ed economici avviato da tempo.
  • Ricci Curbastro nel 2013 è stata anche tra le prime aziende certificate ISO 14064-1:2006 per la propria impronta carbonica, Carbon Foot Print, il lavoro di raccolta dati per la certificazione era cominciato già nel 2010.

Queste attività hanno portato al riconoscimento del Premio Ecofriendly di Vini Buoni d’Italia e TCI Touring Club Italiano per gli anni 2014, 2015, 2016, 2017, 2018 e 2019.

Dal 1° Agosto 2018, concluso il proprio percorso triennale di conversione, Ricci Curbastro è azienda biologica, certificazione a cura di Valoritalia. Il vigneto Santella del Gröm completerà il percorso di conversione a biologico il 1° Agosto 2019.

La certificazione My Story™

In quest’ottica nasce la collaborazione con DNV GL volta a rendere certi e verificati tramite My Story™ e la tecnologia Blockchain alcuni elementi del nostro “story telling” che caratterizzano il Curtefranca Vigna Santella del Gröm e che si affiancano alle certificazioni regolamentate e volontarie sopra citate.

Ricci Curbastro racconta la storia di: una famiglia con diciotto generazioni di tradizione; una cantina esistente almeno dal 1814 che etichettava già dal 1885; iscritta all’Albo delle Imprese Storiche di Unioncamere come operante dal 1885. Inoltre Ricci Curbastro dichiara una produzione media di 8 ton/ha di uva, una resa del 68% ed una maturazione in barrique di almeno 18 mesi per il Santella del Gröm; che questo vino è prodotto dalla vendemmia 1983 e nel tempo ha ottenuto numerosi riconoscimenti (ad esempio i Due Bicchieri del Gambero Rosso nel 2018 e 2016 e le Tre Stelle e 90/100 de I vini di Veronelli 2016 e 2015).

Tutti questi elementi della storia dell’azienda e di questo vino sono utilmente assicurati dalle tecniche di Digital Assurance evitando di confondere realtà e leggenda come spesso avviene nei racconti del vino, coinvolgendo il consumatore a meglio conoscere ciò che acquista non basandosi solo sulla fiducia nel brand aziendale o nella Denominazione ma anche combinando informazioni già presenti nella certificazione del prodotto con altre relative alla storia aziendale. Tutto ciò fruibile con un semplice accesso, già davanti allo scaffale, tramite il telefono grazie ad un QRCode e immutabile grazie alle tecnologie blockchain.

I vantaggi sono ancora da verificare compiutamente essendo il progetto ai suoi esordi sul mercato, ed è questo il motivo della partnership con DNV GL, ma rendere sicure le informazioni non potrà che rafforzare il nostro story telling e rendere credibile lo stesso aumentandone la percezione di prodotto di qualità; combinando così ancora una volta tradizione e innovazione, due momenti imprescindibili della storia aziendale e umana.

Valorizzare un vino rosso in una terra famosa per i suoi Franciacorta.
Carmenère, il vitigno che è sempre stato in mezzo a noi.

LA STORIA

La Carmenère deriva dalla “Vits biturica“, giunta nel bordolese in epoca romana e proveniente dal porto di Durazzo – Albania (Columella). Dalla Vitis biturica sono stati selezionati, nel bordolese, il Carmenère, il Cabernet Franc, il Merlot, il Cabernet Sauvignon, il Malbec. In Italia il Carmenère occuperebbe circa 4.200 ettari, in Cile 2.306, in Francia poco più di 100.
Nelle DOC italiane è spesso confuso con il Cabernet Franc ed è coltivato soprattutto nel nord-est, da Brescia al Friuli, per una superficie iscritta agli albi dei vigneti di circa 240 ettari in purezza e per altri 109 in mescolanza con il Cabernet Sauvignon.

Il Carmenère si distingue nettamente dal Cabernet Franc, prima di tutto perché i DNA sono differenti, ma anche per gli isoenzimi diversi, nonché per le foglie più piccole. I fiori di Carmenère sono imperfetti (stami reflessi con filamenti spiralati), gli acini molto ricchi di pirazine (aroma vegetale, di peperone verde), i vini ben strutturati, assai colorati (antociani), ricchi di tannini rotondi e morbidi, di sapore complesso molto erbaceo (Fregoni).

LA SCOPERTA

Fin dal 1990, quando decidemmo di incrementare la superficie coltivata con varietà di uva nera, vennero acquistate da un vivaista francese anche barbatelle di Cabernet Franc e sorsero i primi dubbi perché risultò evidente anche a noi che quel Cabernet “Francese” aveva poco a che fare con la varietà tradizionalmente coltivata in Franciacorta sotto il medesimo nome e conosciuta localmente come “bordò magher” per la sua caratteristica di avere grappoli spargoli e con acini piccoli.

Non solo ampelograficamente, ma anche fisiologicamente i due vitigni erano significativamente differenti: il Cabernet “Francese” era più fertile ed aveva una produttività più regolare, era meno vigoroso, mediamente più precoce e maturava circa una settimana prima. Avevamo notato che i grappoli del Cabernet “Francese” erano più piccoli, ma più compatti ed al gusto gli acini non avevano la spiccata nota erbacea tipica dei “vecchi” Cabernet “Italiani”. Era a quel punto quasi certo che non si trattasse della stessa varietà.

Nel medesimo periodo, gli stessi dubbi erano sorti in altre zone viticole coltivate con varietà bordolesi e attraverso ricerche genetiche si determinò che la varietà coltivata nel Nord Italia sotto il nome di Cabernet Franc ed in Cile come Merlot, era in realtà Carmenère anche se soltanto nel 2000 questa importante scoperta è stata resa pubblica in un convegno scientifico organizzato dalla Cà del Bosco di Erbusco.
Nel 2008 il Carmenère è stato ufficialmente riconosciuto nel Disciplinare del Curtefranca rosso DOC.

IL PROGETTO

Nel frattempo fin dal 1999 la nostra azienda aveva provveduto a realizzare nuovi impianti ad elevata fittezza, realizzati con marze prelevate da una pianta prefilosserica (non innestata) presente in azienda a Capriolo e da un vigneto di oltre 50 anni in Erbusco, nuovi impianti con cloni di Cabernet Franc/Carmenère italiani sono stati realizzati dal 2001 al 2003.

La Carmenère fornisce vini molto complessi e strutturati, assai ricchi di antociani e ricchi di tannini facilmente polimerizzabili; il vino può presentare un carattere vegetale (erbaceo) spesso dominante, che tuttavia diminuisce alla perfetta maturazione delle bacche, con la bassa produzione per ceppo e con basse concimazioni azotate.
Per limitare le note vegetali (peperone) derivanti dall’alto contenuto di pirazina nella buccia la vinificazione deve essere condotta eseguendo la diraspatura delle uve direttamente sopra il tino in modo da farvi cadere il pigiato per gravità.

La Carmenère, oltre ai profumi più ricchi ed al colore più intenso, si differenzia principalmente per la preponderanza degli aromi primari riconducibili al sapore dell’uva: spiccano le note di frutta rossa (mora) e le sfumature erbacee sono appena percettibili e nettamente ridotte rispetto al passato.

La sommatoria di tecniche di gestione del vigneto sommata ad una tecnica di vinificazione completamente nuova ci rendono ora un Curtefranca Rosso DOC molto ricco ma allo stesso tempo con una forte caratterizzazione del territorio considerando che storicamente i nostri vigneti avevano una percentuale di Cabernet Franc/Carmenère superiore al 45% (dati desunti dagli archivi aziendali circa la composizione del Rosso di Franciacorta DOC nel 1967 anno di iscrizione dei vigneti al neocostituito Albo Vigneti).
In questi anni la Franciacorta è diventata famosa nel mondo per le sue bollicine che restano il punto più alto della qualità che il territorio può esprimer. Il Franciacorta DOCG rimane il prodotto principale dell’azienda (75% dei vigneti sono investiti a Chardonnay, Pinot Bianco e Pinot Nero) tuttavia il nostro progetto dovrebbe dimostrare la possibilità di differenziare la produzione senza ricorrere, inseguendo le mode, all’ introduzione di vitigni internazionali estranei al nostro ambiente.

Storia

Famiglia nobile di Lugo di Romagna (Ravenna) i Ricci Curbastro vi giunsero nel XIV secolo dopo essere stati cacciati da Firenze nel corso delle guerre guelfo-ghibelline.
Il loro stemma è azzurro con una fascia rossa accompagnata in capo da una cometa posta tra due stelle d’oro, in punta una quercia al naturale terrazzata di verde (dal latino quercus deriverebbe Curbastro) accostata da due ricci al naturale e affrontati.

Telegramma di Garibaldi
a Lorenzo Ricci Curbastro

Nato a Roma il 3 Luglio 1959, da Gualberto e Emma Lonigo, laurea in Scienze e Tecnologie Agrarie, enologo, coniugato, con tre figli, dal 1978 si è occupato con il padre della propria azienda agricola vitivinicola (Az. Agr. Gualberto Ricci Curbastro e Figli) a Capriolo (BS) in Franciacorta nella quale ha ricoperto gli incarichi di amministratore e responsabile del marketing e produzione. Alla morte del padre Gualberto ha assunto la titolarità dell’azienda e è stato poi affiancato dai figli Gualberto e Filippo. Con i figli conduce anche l’azienda agricola Rontana realizzata sulle colline di Brisighella (RA).

  • Dal 1989 al 1995 è stato Presidente dell’ANGA Associazione Nazionale Giovani Agricoltori della quale aveva in precedenza ricoperto gli incarichi di Vice Presidente e Segretario Nazionale.
  • Dal 1984 al 1990 ha ricoperto in Confagricoltura diversi incarichi: Vice Presidente della Sezione Economica Vitivinicola Nazionale, Vice Presidente della Federazione Nazionale Coltivazioni Arboree, Membro della Commissione Ambiente e Caccia.
  • Dal 1985 al 1986 ha prestato servizio a Roma e Torino in qualità di S. Tenente dell’Arma dei Carabinieri, congedato con il grado di Tenente.
  • Dal 1993 al 1999 è stato Presidente del Consorzio Vini a Denominazione d’Origine Franciacorta e membro del Consiglio dello stesso fino al 2019
  • Dal Maggio 1998 a Luglio 2022 è stato Presidente della FEDERDOC Confederazione Nazionale dei Consorzi di Tutela dei Vini a Denominazione di Origine.
  • Dal Giugno 1998 al Giugno 2007 è stato Presidente di AGRITURIST Associazione Nazionale per l’Agriturismo, l’Ambiente ed il Territorio.
  • Marzo 2000, insignito da Vinitaly della Gran Medaglia di Cangrande per il determinante contributo allo sviluppo della viticoltura e alla valorizzazione dell’enologia italiana.
  • Dal 2009 al 2011 è stato Presidente di Valoritalia Società per la certificazione delle qualità e delle produzioni vitivinicole italiane s.r.l., ente di controllo e certificazione dei vini a Denominazione italiani creato da Federdoc e CSQA Certificazioni. Valoritalia comincia sotto la sua Presidenza l’attività di certificazione (1 agosto 2010) arrivando a gestire nel 2011 controlli su 183 Denominazioni (44 DOCG e 139 DOC) pari a circa il 75% della produzione a D.O. italiana. 163.000 Ha di vigneto, 12,5 milioni di quintali di uva e oltre un miliardo di bottiglie da 0,75 l sono i numeri che caratterizzano l’attività di certificazione di Valoritalia quando lascia l’incarico al termine del triennio.
  • Dal 1999 Accademico Corrispondente dell’Accademia della Vite e del Vino, viene nominato Accademico Ordinario nel 2023.
  • Dal 2000 Accademico Corrispondente dell’Accademia dei Georgofili, viene nominato Accademico Ordinario nel 2007 e Accademico Emerito nel 2023.
  • Dal 2001 Accademico Corrispondente dell’Accademia Nazionale di Agricoltura.
  • Dal 2001 Membro del Comitato per la valorizzazione del patrimonio alimentare italiano istituito dal Ministro dell’Agricoltura On.le Alfonso Pecoraro Scanio (D.M. 28 Marzo 2001 e D.M. 11 Maggio 2001).
  • Da Giugno a Dicembre 2008 è uno dei tre componenti del Comitato di Garanzia istituito con Decreto MIPAAF 9 Giugno 2008 con il compito di coordinamento e supervisione dell’attività di controllo sulla produzione dei vini DOCG Brunello di Montalcino, DOC Rosso di Montalcino, Moscatello di Montalcino, Sant’Antimo.
  • Il 27 Dicembre 2009, è stato nominato dal Presidente della Repubblica On.le Giorgio Napolitano Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana.
    Il 27 Dicembre 2013 sempre il Presidente On.le Giorgio Napolitano lo ha nominato Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

    Il 27 Dicembre 2021 Il Presidente della Repubblica On.le Sergio Mattarella lo ha nominato Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

  • Dal marzo 2010 al Gennaio 2016 è stato Presidente di Efow, European Federation of Origin Wines. A Gennaio 2024 e stato nuovamente nominato Presidente.
  • Nel 2012 ha partecipato, in rappresentanza dei produttori dei vini a Denominazione d’Origine europei, ai lavori del HLG Gruppo di Alto Livello istituito dalla Commissione Europea per discutere del futuro della gestione dei diritti di impianto dei vigneti.
  • 2014 Aprile, nomina a Sommelier d’Onore della FIS Fondazione Italiana Sommelier.
  • 2015 Dicembre, nomina a Presidente di Equalitas S.r.l., in carica fino a Dicembre 2018, rieletto Presidente nel Luglio 2020.
  • 2016-2017-2019-2020-2021-2024 Docente presso il Master Wine Export Management dell’Università di Camerino.
  • Nel 2024 ha partecipato, in rappresentanza dei produttori dei vini a Denominazione d’Origine europei, ai lavori del HLG Gruppo di Alto Livello istituito dalla Commissione Europea per discutere la situazione dei mercati agricoli in particolare per quanto riguarda gli aspetti ricordati nel Regolamento OCM Vino.

Ornitologo e fotografo naturalista per passione, ha collaborato a ricerche sul campo, alla realizzazione di alcuni progetti del WWF Italia e numerose sue fotografie sono state pubblicate sulle principali riviste e giornali italiani.

Giugno 2002 TerraFuocoAriaAcqua, personale di fotografia presso le Sale dell’Arsenale, Iseo BS, la mostra fu esposta successivamente dal 14 al 20 Luglio presso l’Azienda Agricola Villa Spinosa nell’ambito del Festival Notti di Note in Valpolicella 2002.

Pubblicazioni:

  • I Segni del Territorio “Sinergie tra agriturismo, prodotti agricoli e nuovo sviluppo territoriale”, I Georgofili. Quaderni, III 1999
  • Territorio o vitigno?” Atti dell’Accademia dei Georgofili, Anno 2001, volume XLVIII
  • L’Impresa agricola italiana “Rischi di emarginazione di imprese altamente specializzate” I Georgofili, Quaderni, 2002 II
  • Giorgio Duranti e il suo tempo (a cura di Chiara Parisio) “L’illustrazione dei trattati di ornitologia e di caccia in epoca barocca: l’Uccelliera di Giovanni Pietro Olina” , Brescia, Grafo 2005
  • L’Agriturismo tra Stato, Regioni e Comunità Europea “Gli imprenditori” I Georgofili, Quaderni, 2006 V
  • La Franciacorta in cucina. Tra storia e ricordi” a cura di Giovanna Sveva Ricci Curbastro e Riccardo Ricci Curbastro. Roccafranca, La Compagnia della Stampa Massetti Rodella Editori, 2006
  • Wine Dogs of Italy di Craig Mc Gill e Susan Elliot, “I miei cani da caccia”, 2008
  • I punti di forza del vino europeo di fronte alla globalizzazione in Le Regole del Vino, Milano, Giuffré Editore, 2008. Atti del Convegno internazionale di Roma, 23-24 Novembre 2007
  • Agricoltura e alimentazione. Principi e regole della qualità. Disciplina internazionale, comunitaria, nazionale. “Esperienze e proposte nella disciplina della qualità” Milano, Giuffrè Editore, 2010. Atti del Convegno Internazionale Istituto di Diritto Agrario Internazionale e Comparato, Macerata 9-10 Ottobre 2009
  • Per “Franciacorta un vino, una terra” AA.VV., Milano, Editore Franz Botrè, 2010 ha scritto i capitoli “Le origini” e “Glossario”
  • Funzione dei “diritti di impianto” in viticoltura, I Georgofili, Quaderni, II, 2001, Firenze 26 Maggio 2011
  • Il ruolo di garanzia dei consorzi di tutela, Rivista di Diritto Alimentare, Anno VI, numero 1, Gennaio-Marzo 2012
  • Ricci Curbastro Franciacorta, Capriolo, Azienda Agricola Ricci Curbastro, Agosto 2013
  • Federdoc e Consorzi di tutela vini a D.O. associati contro la contraffazione: attività in essere e possibilità consentite, Italia Oggi Guida Giuridica, Serie speciale n.7, anno 25, 17 Giugno 2015
  • Il pastone per l’Usignolo, Italia Ornitologica, Anno XLVI numero 8/9 2020

Nato a Brescia nel 1991 dopo il Liceo Classico presso il Liceo C. Arici di Brescia ha conseguito la Laurea Magistrale in Management a Milano presso Università Commerciale Luigi Bocconi con una tesi intitolata “Brand territoriali e singoli brand. Un’analisi delle relazioni e delle determinanti del successo attraverso il caso Franciacorta.”
Nel corso dei suoi studi ha svolto programmi di studio presso EBS Universität für Wirtschaft und Recht in Germania e presso Jönköping International Business School di Jönköping in Svezia.

Nel 2013 ha svolto uno stage di lavoro presso Valoritalia Srl , sede amministrativa di Thiene (Vicenza).
Nel 2014 ha svolto uno stage lavorativo presso Pernod Ricard Spa di Milano nella divisione finance.

Dal 2014 gestisce l’Azienda Agricola Giorgio Fortunato in Toscana sulle colline di Cerreto Guidi (Firenze) con produzione di uve e Olio ExtraVergine di Oliva
Dal 2016 lavora presso l’Azienda Agricola Ricci Curbastro di Capriolo in Franciacorta occupandosi dei mercati nazionali ed internazionali.
Nel 2018 ha riacquistato dai suoi zii l’ Azienda Agricola Rontana di Brisighella (Ravenna) in Romagna ove gestisce tutta la produzione vitivinicola.

Nel 2018 è stato nominato Vice Presidente della Strada del Vino Franciacorta e Consigliere del Consorzio Vini Franciacorta. Tuttora membro del CDA del Consorzio Vini Franciacorta, nel 2024 è stato riconfermato come Vice Presidente della Strada del Vino Franciacorta.

Nato a Brescia il 7 aprile 1995, dopo il Liceo Classico presso il Liceo C. Arici di Brescia ha conseguito la Laurea Triennale in Viticoltura ed Enologia presso l’Università degli Studi di Milano con una tesi intitolata ‘Confronto tra la vinificazione in anfora e in acciaio di varietà georgiane bianche nella DOC Bolgheri’  e successivamente la Laurea Magistrale in Vineyard and Winery Management a Bordeaux presso l’università Bordeaux Science Agro con una tesi intitolata ‘Effects of tressage, as an alternative to mechanical hedging, on vines, grape composition and wine quality on Cabernet Sauvignon at a Pauillac commercial winery’.

Nel corso dei suoi studi ha inoltre svolto programmi di studio presso l’Universidad de Cádiz in Spagna.

Nel 2016 ha svolto uno stage lavorativo presso la Società Agricola Podere Guado al Melo a Bolgheri.
Nel 2018 ha lavorato presso Indevin Group Limited, sede di Hawke’s Bay in Nuova Zelanda.
Nel 2019 ha svolto uno stage lavorativo presso Château Gazin a Pomerol in Francia.
Nel 2020 ha svolto uno stage lavorativo presso Château Pichon Longueville Comtesse de Lalande a Pauillac in Francia.

Da dicembre 2020 lavora presso l’Azienda Agricola Ricci Curbastro di Capriolo in Franciacorta e presso l’Azienda Agricola Rontana di Brisighella.

Nato a Viterbo il 19 Marzo 1932 da Riccardo – il cui Reggimento, il III Granatieri di Sardegna, si trovava di stanza nella città laziale – e da Evelina Lantieri de’ Paratico, ma di fatto è cresciuto a Roma dove ha compiuto gli studi classici laureandosi poi in Giurisprudenza a soli 23 anni.
Entrato in Alitalia, anche grazie alle sue ottima conoscenza di più lingue straniere, nella compagnia di bandiera si occuperà per molti anni di accordi internazionali, apertura di nuove rotte e scali commerciali. Questa esperienza lo porterà a viaggiare quasi in ogni stato del mondo senza tuttavia mai perdere il fascino del richiamo alla terra e all’agricoltur. Nel 1967 infatti sarà tra gli undici produttori che daranno vita alla DOC Franciacorta.
Nel 1969 il “salto”, lasciata l’Alitalia Gualberto comincia ad occuparsi a tempo pieno delle aziende di famiglia in Romagna, la terra dei Ricci Curbastro, e in Franciacorta, la terra dei Lantieri de’ Paratico.

Dei suoi quattro figli sarà Riccardo a seguirlo fin dal 1978 nell’attività imprenditoriale agricola.
Con coraggiosi e continui investimenti l’azienda di Capriolo in Franciacorta comincerà a crescere specializzandosi sempre più in viticoltura: 2,30 ettari di vigneto nel 1968, 4,90 nel 1979, 8 nel 1990, 16,50 nel 2000 26 nel 2010. Anche la cantina attraverso successivi ampliamenti passerà da una superficie di circa 100 metri quadrati alla attuale di oltre 2500 metri quadrati fino ad una profondità di 15 metri.

La passione agricola viene equamente divisa anche con la Romagna ove Gualberto segue le proprie aziende agricole di Lugo e Bagnavallo. Nel 2000 coronerà il sogno di realizzare una cantina anche lì, l’Azienda Agricola Rontana di Brisighella.

Collezionista appassionato Gualberto comincia a raccogliere prestissimo oggetti agricoli ormai caduti in disuso, nel luglio del 1986 la raccolta diventerà il primo nucleo del Museo Agricolo e del Vino Ricci Curbastro, una realtà unica in Franciacorta realizzata per raccontare a turisti e amanti del vino la storia di questo lembo del bresciano. Il Museo è continuamente ampliato e ogni anno accoglie circa 5.000 visitatori italiani e stranieri.
Sarà sempre Gualberto a scrivere i primi due volumi dedicati al Museo: Immagini di Cultura Contadina, edito nel 1988 scritto in collaborazione con Paolo Pinti e La Franciacorta in cucina. Tra storia e ricordi nel 2006 in collaborazione con i figli Riccardo e Giovanna Sveva.

Studioso di armi antiche e di storia militare ha scritto numerosissimi articoli su prestigiose riviste italiane quali Diana Armi, Uniformi & Armi ed il Bollettino dell’Accademia di San Marciano e altre, pubblicando anche i libri Strutture difensive e territorio: armi, fortezze e trattatisti bresciani all’epoca della Serenissima, atti del convegno da lui stesso organizzato il 3 e 4 Novembre 1990 a Rovato, il Diario della guerra 1915-1918 del Caporale di Settime (Asti) Brusio Giuseppe, Le cive del Cav. Mori
Questa sua passione lo porterà anche al centro di un intrigo internazionale legato al trafugamento durante la Seconda Guerra Mondiale di un prezioso scudo del 1500 appartenuto al Capitano Francesco Bernardo, grazie a lui restituito ai Musei Civici di Bologna.

Gualberto è morto a Capriolo nel 2013.

“Il sottoscritto Augusto Scodellari Sottotenente della I Compagnia del I Reggimento Granatieri di Sardegna dichiara che il proprio Comandante di Reparto Capitano Riccardo Ricci Curbastro nell’azione svoltasi il 10 Agosto 1916 che portò all’occupazione del Monte S. Michele ed alla successiva avanzata attraverso il Vallone per la presa del Nad Logem nello scavalcare alcune trincee nemiche rimase ferito da arma da taglio (una baionettata austriaca ndr) al piede destro.
All’imbrunire dello stesso giorno, compiuto il primo sbalzo, i due Sigg. Comandanti di Reggimento, il Ten. Colonnello Cav. Fassò, l’allora Capitano Majoli, il Capitano Ricci Curbastro, il sottoscritto e altri Comandanti di Reparto fummo riuniti in prossimità di Case Cottici a prendere istruzioni per l’ulteriore avanzata Vallone-Nad Logem.
In quella riunione il sottoscritto rammenta perfettamente che il Comandante del 2° Reggimento Granatieri allora Colonnello Anfossi, saputa dal Ten.Colonnello Fassò la ferita già riportata dal Ricci Curbastro invitava quest’ultimo ad allontanarsi con queste testuali parole: “ Se ne vada Ricci, Sua Madre ha già dato un altro figlio alla Patria”. (Gian Gualberto Ricci Curbastro, morto eroicamente sul Podora l’11 Gennaio 1915 ndr).
A nulla valsero le pressioni del Colonnello Anfossi poiché il reparto del Ricci Curbastro destinato a compiere il servizio d’avanguardia del Reggimento nel Vallone e quindi sulle pendici del Nad Logem, eseguì il suo mandato brillantemente arrivando di sorpresa all’alba del giorno 11 alla prima linea di difesa nemica.
Fu dopo la conquista di questa trincea nemica che il Ricci Curbastro venne nuovamente ferito da pallottola esplosiva al dorso (uno schrapnels austriaco, ndr), ferita che lo costrinse ad abbandonare il posto di combattimento per essere ricoverato all’ospedale.”
S. Tenente Augusto Scodellari

Riccardo Ricci Curbastro, nato a Lugo di Romagna (Ravenna) il 18 Febbraio 1892, morto a Roma il 22 Luglio 1955 era figlio di Raffaele e della Contessa Giovanna Manzoni.
Allievo Ufficiale alla Scuola Militare, nel 1911 viene nominato Sottotenente del 2° Reggimento Granatieri di Sardegna il 23 Febbraio 1913. Nel Gennaio del 1914 durante vari voli al campo di Centocelle (Roma), ove si esercitavano i primi piloti d’aereo italiani, fu colpito da una grave pleurite che tuttavia non gli impedì di combattere tutta la Prima Guerra Mondiale rimanendo ferito due volte, per queste azioni fu insignito della Croce al Merito di Guerra.
Nel 1919 fu nuovamente inviato in “zona di guerra” con il 1° Reggimento Granatieri di Sardegna durante la crisi internazionale dovuta alla Impresa di Fiume di Gabriele D’Annunzio e dei suoi legionari.
Trasferito al Ministero della Guerra si trovò isolato a Roma il l° Settembre del 1943 cominciando così una lunga “fuga” per raggiungere la famiglia già nel Nord Italia. Ricercato dalla Repubblica di Salò sfuggi per due anni ai fascisti vivendo a Capriolo con il nome di Passoni, l’antenato che costruì la Villa Evelina.
Il 2 Giugno 1946 lasciò il servizio attivo per non prestare giuramento alla neonata Repubblica Italiana.
Da allora si occupò di agricoltura compiendo anche nell’azienda di sua moglie Evelina Lantieri de’ Paratico in Capriolo importanti innovazioni quali la realizzazione della nuova cantina ed un avveniristico, per i tempi, impianto di irrigazione a pioggia.
I postumi degli antichi traumi militari lo uccisero a soli 63 anni nel 1955.

“Il soldato! Basterebbe ricordare a testimonio dell’opera sua militare, che egli prese parte con entusiasmo e slancio romagnolo a tutte le campagne per l’Indipendenza e la libertà d’Italia dal 1848 al 1866”
(Michele Longhi, Per un patriota lughese dimenticato, Tipografia Cremonini, Lugo 1911)

Cav. Lorenzo Ricci Curbastro (Lugo di Romagna 2 Luglio 1818, Firenze 7 Marzo 1866), studiò a Lugo nel Collegio Trisi.
A soli sedici anni fuggì di casa per unirsi ai primi moti mazziniani in Piemonte e Liguria, ricondotto a forza in famiglia prese però subito parte, quale iscritto alle Giovine Italia ai moti romagnoli del 1843 e 1845.
Nel 1848 Capitano della Prima Compagnia del Battaglione Bersaglieri del Po sotto i Generali Durando e Ferrari combatté a Nervesa sul Piave, a Treviso e a Vicenza. Sciolto l’esercito pontificio (Decreto Generale Durando 19 Giugno 1848) rimpatriò con altri volontari per prendere parte alla cacciata degli austriaci da Bologna (8 Agosto) e alla difesa di Ancona (Maggio 1849).
Ripristinato da parte degli austro-ungarici l’ordine nello Stato Pontificio fu costretto all’esilio rientrando poi a Lugo solo grazie alle importanti relazioni pontificie della famiglia.

Nella Romagna di quegli anni infestata dai briganti numerose furono le sue azioni per l’estirpazione di questa piaga: il 10 Aprile 1854 inseguì fino a San Cassiano al confine toscano Giovanni Nunziati e Francesco Maccolini di Brisighella che gli avevano rubato del bestiame, recuperò i bovini ed arrestò i colpevoli dell’abigeato che consegnò alle Autorità. In un altro scontro con i banditi, non distante da Felisio, li mise in fuga con l’aiuto del Conte Vincenzo Samaritani.

Il 13 Giugno 1859 fu tra gli animatori dell’insurrezione lughese per la cacciata dei pontifici, quindi arruolò volontari per la Guerra di Indipendenza e nell’Ottobre fu nominato Maggiore Comandante il 1° Battaglione della Guardia Nazionale di Lugo.
Ma già nel Maggio 1860 rassegna le dimissioni per correre in aiuto della spedizione garibaldina in Sicilia. il 16 Luglio è a Palermo e si mette a disposizione di Garibaldi, il 20 Luglio combatte a Milazzo, e da allora si occuperà delle vettovaglie dei “Mille” fino alla battaglia del Volturno.
Dell’amicizia con Giuseppe Garibaldi vi è traccia in lettere e telegrammi tra i due tuttora conservati nell’archivio di famiglia.

Il 2 Novembre 1860 viene nominato Sotto-Commissario di Guerra presso l’Intendenza militare dell’Esercito Meridionale, passato nell’esercito regolare partecipa all’assedio di Gaeta e rientra a Torino nel 1861 ed in Romagna nel 1862 per assumere la carica di Sindaco di Lugo.
Pochi anni e nuova guerra, nel 1866 viene nominato Maggiore del 104° Battaglione di Guardia Nazionale Mobile ma non fa in tempo ad entrare in combattimento.

Continuerà nella sua instancabile opera di servizio con un nuovo mandato di Sindaco di Lugo nel 1872 e poi ancora nel 1882, si spegnerà a Firenze nel 1886 dopo essersi ritirato a vita privata nel 1885.
Cavaliere della Corona d’Italia, fu decorato delle medaglie commemorative per le guerre del ’48,’49,’60,’61 e quella per la liberazione di Roma del ’49.

Medaglia d’Argento al Valor Militare

“Sottotenente del 28° Reggimento Fanteria, comandante di una sezione mitragliatrici, con perizia ed ardire cooperava efficacemente alla riuscita di una piccola azione. Colpita in pieno la postazione di un’arma, ucciso un servente e sepolti gli altri, non curante del pericolo cui si esponeva, portava soccorso ai suoi soldati liberandoli dalle macerie. Mentre poteva dirsi felice per l’opera compiuta, colpito a morte insieme a quelli che aveva soccorsi, lasciava da prode la vita sul campo. Già distintosi per ardimento, valore ed altissimo sentimento del dovere in precedenti combattimenti.
Cappelletta del Podgora, 22 Dicembre 1915”
Motivazione della Medaglia d’Argento al Valor Militare.

Gian Gualberto era figlio di Raffaele e Giovanna de’ Conti Manzoni, era un ragazzo forte, dagli occhi azzurri e vivi che sapevano sorridere, studiò a Bologna dai Padri Barnabiti del Collegio San Luigi e successivamente al Ginnasio-Liceo Minghetti. Nel 1913, dopo la Maturità si iscrisse alla Facoltà di Ingegneria ma l’amor Patrio e la vocazione militare lo chiamavano e così nel Novembre 1914 entrò come volontario alla Scuola Militare di Modena.
Nel Maggio 1915 con il grado di Sottotenente fu assegnato al 28° Reggimento di Fanteria di stanza a Ravenna e, su sua richiesta, immediatamente inviato al fronte. Il 28 luglio era già in combattimento, in Agosto la sua sezione mitragliatrici fu colpita da un obice e Gualberto ne uscì miracolosamente illeso. Al padre Raffaele scrisse in quel periodo “Non è la morte ch’io temo: ciò che non vorrei, è morire all’impensata, colto a caso, senza aver fatto nulla di bello e di utile”.
Partecipa a tutti i combattimenti dell’Ottobre 1915 sul Calvario e sul Sabotino, sfuggendo più volte alle granate nemiche, al padre scrive il 25 Ottobre “mi affretto a scriverti per rassicurati della mia incolumità, durante le azioni di questi giorni. Ora abbiamo finito e dopo trentacinque giorni di prima linea e cinque di combattimento speriamo nel meritato riposo”.
Il 21 Dicembre 1915 scrive alla mamma “ Buon Natale! Veramente il mancare al Natale ancora quattro giorni mi aveva fatto dimenticare di inviarti gli auguri a tempo, ad ogni modo accettali affettuosissimi e non solo per te, ma per Papà, per Renzo e sorelle unitamente ad un altro grosso bacione da ricevere però solo il mattino del 25”.
“Alle 9 del 22 Dicembre iniziamo un’azione avente per iscopo di occupare una trincea nemica che ci molestava: eravamo a quota 240 e più precisamente nella località Cappelletta. La sezione di Ricci Curbastro come poteva supporsi, era stata scoperta, perché il nemico l’aveva bersagliata con alcuni colpi di schapnels, però senza effetto. I nostri mitraglieri ribattevano al fuoco, quando una granata nemica venne a colpire i ricoveri in pieno. Un mitragliere fu ucciso, alcuni contusi, tre sepolti dal terriccio dei ricoveri franati.  Il Sottotenente Ricci Curbastro che si trovava a pochi passi accorse, e benché avesse la certezza d’essere colpito dal fuoco micidiale che le artiglierie nemiche vomitavano incessantemente, volle trarre dalle rovine i sepolti che invocavano aiuto. Riuscì infatti ad estrarli; e mentre ricoverandoli entro il suo rifugio con parole confortatrici, tentava di sollevare il loro spirito abbattuto, una delle tante granate che sino allora l’avevano miracolosamente risparmiato venne a colpirlo, e lo rese vittima del suo ardimento e del suo buon cuore, con lui uccidendo i tre uomini a cui stava prestando soccorso”  (dalla testimonianza del collega del 28° Reggimento Fanteria Tenente Leonardo De Toma ). Sepolta nel cimitero di guerra del Podgora, nell’Ottobre del 1922 la salma venne traslata nella tomba di famiglia a Lugo di Romagna.

Sulla drammatica giornata del 22 Dicembre 1915 esiste una bellissima testimonianza di Aurelio Baruzzi (Lugo di Romagna, 9 Gennaio 1897 – Roma, 4 Marzo 1985), Medaglia d’Oro al Valor Militare:
“Addio Ricci”
“Ciao Baruzzi. Dove vai?”
“Raggiungo la mia compagnia in linea”
“Sai? domani nel vostro settore, Alle Tre Croci, vi sarà l’azione. Io pure vi sarò impegnato perché ho il compito di appoggiarvi con la mia sezione mitragliatrici”
“Arrivederci dunque a domani:”

OMISSIS
Verso sera abbiamo il cambio da altro reparto del Reggimento. Sceso ai piedi del Podgora, arrivo in tempo per vedere, distese su due barelle, le salme di due ufficiali in procinto di essere sepolte nel cimitero del 28°. Riconosco l’amico Ricci Curbastro… Sosto davanti alla salma in muto raccoglimento e il mio pensiero corre alla natia Lugo, dove una madre attende notizie del proprio caro, ignara del tragico destino che l’ha colpito”.
(Aurelio Baruzzi, Quel giorno a Gorizia, Volume I, Dall’inizio della guerra alla battaglia di Gorizia, Paolo Gaspari Editore 1999, pagg. 96-101).

Sorella di Gregorio, famoso matematico, Costanza insieme al Venerabile Mons. Marco Morelli il 17 ottobre 1888 fondò l’Istituto delle “Ancelle del Sacro Cuore di Gesù Agonizzante”, ed entrando in Religione, assunse il nome di Margherita.
Sull’esempio di Maria, l’umile Ancella del Signore, le Ancelle sono chiamate a continuare l’opera redentiva di Cristo, ad essere offerta riparatrice, invocazione vivente a Dio e testimonianza operosa della sua presenza e della missione della Chiesa, attraverso il servizio ai fratelli, specialmente ai più poveri. Il loro carisma si attua in opere educative e assistenziali: scuole dalla materna alle superiori, attività parrocchiali, case di accoglienza. La Congregazione è presente in Italia e in terra di missione (Brasile, Filippine, Togo, Colombia). “Testimone della Misericordia divina”, l’Ancella professa questo con la scelta preferenziale per i poveri.
Le eroiche virtù di Costanza hanno permesso alla Diocesi di Imola di aprire il processo di Beatificazione il 14 Luglio 1988.

«Purtroppo non sembra essere rimasta alcuna documentazione fotografica dell’unico incontro tra Albert Einstein e Gregorio Ricci Curbastro: possiamo solo immaginarci la cordiale e appagante stretta di mano tra l’istrionico genio di Ulm e il taciturno gentiluomo di Lugo. Ciascuno dei due aveva un notevole debito di riconoscenza nei confronti dell’altro: senza il calcolo di Ricci Curbastro, quasi sicuramente – per non dire sicuramente – Einstein non sarebbe mai riuscito a sostanziare i suoi più felici pensieri scientifici. D’altra parte, con l’emergere della relatività generale, il fior fiore dei matematici e dei fisici teorici di mezzo mondo cominciò a studiare, utilizzare e approfondire quel calcolo così potente, così efficace,
eppure per così tanto tempo rimasto nell’ombra.»

Al cuore della teoria della relatività generale einsteiniana, un gioiello tra i più scintillanti della scienza del XX secolo, risiede il lavoro di un matematico italiano: Gregorio Ricci Curbastro. Albert Einstein, dopo essere stato vittima di un vero e proprio “blocco dello scienziato”, trovò nel calcolo tensoriale di Ricci Curbastro l’apparato algoritmico che gli consentì di trasformare un’intuizione sfuggente in una solida teoria fisica. Quella celeberrima teoria che rappresenta il condensato perfetto tra il genio fisico di Einstein e la potenza, la sintesi e l’eleganza della matematica creata da Ricci Curbastro. Negli anni Venti il successo della relatività generale offrì un’occasione di rivincita al calcolo tensoriale – fino ad allora ritenuto tanto complicato da risultare perfino superfluo – e al suo creatore. Tuttavia, mentre il mondo trasformava Einstein in una sorta di divo, Ricci Curbastro perseverò nella riservatezza di tutta una vita, tenendosi lontano dalla ribalta.
(tratto da Il genio e il gentiluomo, Einstein e il matematico italiano che salvò la teoria della relatività, di Fabio Toscano, Sironi Editore).

Gregorio Ricci Curbastro (Lugo, 12 gennaio 1853 – Bologna, 6 agosto 1925)
Nacque a Lugo di Romagna (Ravenna) il padre era Antonio Ricci Curbastro, ingegnere conosciuto in tutta la provincia ravennate e la madre Livia Vecchi. Sia lui che suo fratello Domenico ebbero, prima di entrare in università, istruzioni private, attraverso insegnanti che a domicilio li seguivano in un percorso di insegnamento mirato e dettagliato. A sedici anni entra al corso filosofico matematico dell’ Università di Roma. Richiamato a Lugo dal padre nel 1870 dopo che Roma divenne capitale d’Italia, nel 1872 si iscrisse all’Università di Bologna frequentandone un biennio per poi trasferirsi alla Normale di Pisa che era già in quel periodo un centro importantissimo per la ricerca matematica. Qui Ricci Curbastro conobbe Enrico Betti e Ulisse Dini, partecipando a conferenze e apprendendo sempre di più sugli sviluppi matematici di quell’epoca, che furono fondamentali per le sue ricerche di studio e la direzione. Infatti, già nel 1875 gli fu assegnato il primo dottorato grazie a un lavoro di ricerca su equazioni differenziali lineari.
Dopo la laurea, vinse una borsa di studio presso la Technische Hochschule di Monaco di Baviera, lì conobbe Felix Klein (presidente) e Alexander von Brill, Ricci Curbastro partecipò alle loro conferenze conquistando le loro rispettive stime. Va detto che Klein non fu il matematico “scatenante” lo stile di Ricci Curbastro, ma in maggior modo lo furono, Lipschitz, Christoffel e Rienmann. Quest’ ultimo diede l’input a Ricci Curbastro per un approfondito studio della geometria “riemanniana”.

Tornato a Pisa lavorò come assistente straordinario di Ulisse Dini, suo professore. Nel 1880 diventò professore straordinario di matematica all’Università di Padova. Creò il calcolo differenziale assoluto, egli si rese conto da subito dell’importanza che il suo lavoro poteva avere per la fisica matematica e per la teoria dell’elasticità e della teoria del calore. Lavoro degno di riconoscimenti che gli permisero, a buona ragione, di concorrere per due volte al Premio Reale di Matematica, ma purtroppo senza successo, probabilmente perché ancora non si vedevano, in quel periodo, reali applicazioni di quei modelli matematici. Nonostante i mancati riconoscimenti Ricci Curbastro approfondendo continuamente i propri studi, attirò l’attenzione di altri giovani matematici che si ritrovarono già da subito in piena collaborazione, tra i quali: Tullio Levi Civita che sarà poi suo validissimo collaboratore di spiccata intuizione.
Da lì a pochi anni i due matematici pubblicarono insieme, era il 1900, sul “Mathematische Annalen”, l’articolo: Méthodes de Calcul Differentiel Absolu et leurs Application, un esauriente trattato sul calcolo differenziale assoluto.

Albert Einstein era in “impasse” nello sviluppare la teoria della relatività generale a causa di alcune equazioni che non potevano aderire allo spazio-tempo. Si trattava, in sostanza, di capire la possibilità di creare un calcolo differenziale su una tipologia spazio-temporale non euclidea.
Einstein non sapeva che questo tipo di calcolo era già stato iniziato da Gregorio Ricci Curbastro e in seguito sviluppato da Levi Civita in Italia. Tanto è vero che Einstein scrisse al suo amico e matematico Marcel Grossmann: “Aiutami, o io divento pazzo!”. Fu proprio Grossmann ad avviareEinstein verso le soluzioni del calcolo tensoriale.
Einstein quando ebbe completato la “costruzione” della sua famosa teoria, affermò in uno scritto: “Alla bellezza di questa teoria non si potrà sottrarre nessuno che l’abbia veramente compresa; costituisce questa, un trionfo nei metodi del calcolo differenziale generale”.
Gregorio Ricci Curbastro partecipò attivamente alla vita politica, sia al suo paese natale che a Padova, e contribuì coi suoi progetti alla bonifica del ravennate e alla realizzazione dell’acquedotto di Lugo. Qui, sulla sua casa natale è affissa una targa commemorativa che recita: “Diede alla scienza il calcolo differenziale assoluto, strumento indispensabile per la teoria della relatività generale, visione nuova dell’universo”.
A lui è anche intitolato il liceo scientifico di Lugo, presso cui sono conservati alcuni suoi manoscritti.

Ricci Curbastro ricevette molti onori per i suoi contributi, sebbene si possa dire che l’importanza del suo lavoro non fu compresa pienamente dall’ambiente matematico italiano all’epoca in cui la produsse, ma soltanto più tardi, soprattutto grazie all’applicazione dei suoi metodi da parte di Einstein.
Venne onorato con l’ammissione in diverse Accademie tra cui l’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti (1892) di cui divenne presidente nel 1916-19. È stato anche membro dell’Accademia dei Lincei dal 1899, dell’Accademia di Padova dal 1905, dell’Accademia delle Scienze di Torino dal 1918, della Società dei Quaranta dal 1921, della Reale Accademia di Bologna dal 1922 e dell’Accademia Pontificia dal 1925, Accademia Galileiana di Scienze, Lettere ed Arti di cui fu Presidente dal 1920 al 1922.
Fu anche ViceSindaco di Padova avendo rifiutato la carica di Sindaco.

Raffaele, nato il 29 Maggio 1858, e sua sorella Marietta, furono gli unici due figli di Lorenzo e Luigia Costa. Studiarono a Bologna e lì Raffaele si laureò in giurisprudenza nel 1883.

Rientrato in Romagna si sposò nell’Ottobre del 1887 con la Contessa Giovanna Manzoni, con la quale ebbe 5 figli.

Si dedicò tutta la vita all’attività agricola distinguendosi per il suo carattere innovatore che lo portò a realizzare iniziative per quei tempi molto moderne. Dapprima nel 1882 un mulino ove trasformare le granaglie dei propri fondi valorizzando la farina anche con un panificio, successivamente nel 1892 realizzò una piccola fabbrica di concimi chimici, perfosfati d’ossa e minerali, che proprio in quegli anni si cominciavano ad introdurre accanto al più tradizione letame animale per incrementare le produzioni agricole.

Nel 1905 partecipò con i suoi prodotti alla Fiera Campionaria di Palermo ottenendo la Medaglia d’Oro. Nello stesso periodo il vino prodotto nell’azienda romagnola trovava sbocco sul mercato di Bologna come attestano le numerose bollette di pagamento del dazio.

Anche la produzione di seta con l’allevamento dei bachi rientrava tra i suoi interessi e conserviamo gli scambi epistolari con gli ordini di uova di bachi diretti ai maggiori riproduttori dell’epoca ma anche un’autentica rarità come la fiala in vetro protetta da un astuccio in legno che nel 1889  gli recapitò da Venezia a mezzo posta le uova dei bachi.

Convinto assertore delle riforme sociali e del miglioramento delle condizioni dei mezzadri si appellò a Giolitti nel 1909 quando “la violenta sopraffazione del partito socialista sopra di noi modesti proprietari che dobbiamo rimanere spettatori impotenti dell’opera spavalda di pochi facinorosi ora diretta a non farci compiere la battitura del grano” (19 Luglio 1909) rischiava di compromettere il raccolto e dunque la sopravvivenza anche delle famiglie dei coloni.

Si dimostrò spirito libero anche nei confronti del Fascismo e nelle lettere tra lui ed il Segretario Federale di Ravenna Luciano Rambelli si coglie tutto il fastidio verso il partito, che per garantire una maggiore occupazione entrava nel merito della gestione delle sue aziende.

Raffaele si spense nel 1942 un anno prima che la furia distruttiva della guerra lasciasse solo cumuli di macerie laddove sorgevano la sua villa natia, il mulino e le cascine.

Lo scudo del Capitano Francesco Bernardo scomparve nel 1940, quando insieme ad altre 23 armi, prevalentemente turche, venne prestato dai Musei di Bologna per essere esposto alla mostra delle Terre d’Oltremare inaugurata a Napoli  il 9 maggio di quell’anno. Ma da Napoli lo scudo, così come le altre armi, non fece più ritorno a casa, a causa (si disse) dei motivi bellici. Infatti sopravvenuta la guerra, la mostra venne chiusa, mentre gli oggetti che erano in essa temporaneamente esposti furono collocati nei magazzini ove ancora si trovavano nell’ottobre del 1943, al momento dell’arrivo delle truppe alleate. Quale sia stata la successiva sorte dello scudo è cosa difficile da stabilire (Massimo Medica, Incontri e arrivi, 16 Ottobre 1996, Musei Civici di Arte Antica, Comune di Bologna).

Gualberto Ricci Curbastro a metà anni ’80 riconosce il prezioso oggetto, di cui ha visto solo le fotografie degli anni ’40, nel catalogo di un commerciante d’armi antiche a Parigi, sua figlia Evelina, inviata dall’antiquario, fingendosi interessata all’acquisto, non riesce a vedere il pezzo che da voci raccolte sembra sia stato inviato ad un commerciante inglese. Gualberto segnala il reperto al Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale ma se ne perdono nuovamente le tracce in Inghilterra anche se, sempre Evelina, viene a sapere dall’antiquario inglese che lo scudo potrebbe aver attraversato l’Atlantico. Sempre Gualberto lo ritroverà negli USA nel 1995 in procinto di passare dalla collezione privata di Ronald Lauder (il famoso produttore di cosmetici) a quelle del Metropolitan Museum di New York.
Gualberto questa volta fa intervenire sia i Carabinieri che l’allora Ministro dei Beni Culturali Antonio Paoulucci che, tramite la Commissione Interministeriale per le Opere d’Arte disperse all’epoca della Seconda Guerra Mondiale, chiede la restituzione dell’opera illegalmente uscita dal Paese. La richiesta verrà accolta da Lauder e tramite il Console Generale di New York lo scudo potrà tornare a Bologna nell’ottobre del 1996.

La targa ovata (cm. 72 x 60) faceva parte in origine di un “equipaggio da pompa” appartenuto, come dimostra lo stemma, al veneziano Francesco Bernardo, Capitano di Bergamo tra il 1552 ed il 1553. Ed è probabile che sia stata proprio questa città a donare l’insieme al capitano, in segno di riconoscenza per i servizi da lui prestati, anche in relazione al suo intervento nel 1553  in una delicata questione di tasse dovute dal Contado di Bergamo alla Serenissima. Lo scudo, finissimo esempio della produzione lombarda cinquecentesca… su di esso spiccano arricciolati ce trattengono groppi di frutta e trofei, formando quattro mandole con altrettante erme ed altre quattro formelle lobate con figure delle Virtù cardinali; al centro è un ovato a scartocci con l’arme dei Bernardo, circonciso dalla scritta POPULUS UNIVERSUS AGRI BERGOMENSIS (Lionello Giorgio Boccia 1991).

Un tipo di decorazione del tutto simile a quello che appare su uno zuccotto conservato oggi alla Wallace Collection di Londra, che sicuramente formava “gioco” con lo scudo bolognese, come conferma la presenza dello stesso stemma della famiglia Bernardo, sormontato nello zuccotto dal Leone di San Marco. La separazione tra lo scudo e lo zuccotto dovette comunque avvenire in antico, dal momento che già ala metà del secolo scorso (1800 ndr) si trovava a Parigi dove venne acquistato per 3500 sterline da Sir Richard Wallace. (Massimo Medica, 1996).

Scritti (oltre alle opere già citate):
PINTI Paolo – RICCI CURBASTRO Gualberto, Le artiglierie del Museo Marzoli a Brescia. Parte prima: artiglierie pesanti, in “Armi Antiche”, 1988-89, pp. 153-156
Ricci Curbastro Gualberto “Un botanico, un generale…e la pipì dei soldati”,  Uniformi & Armi, n.165, Gennaio 2010

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